Atto secondo.

Atto primo   Atto   secondo    Atto   terzo


Scena I.
 

 

Piazza.

 

A sinistra il palazzo di Mansredo, Guardie alla porta, o altre sentinelle all'intorno. A destra tempio, bottegho varie, e tende nel fondo.

 

Corpi di Soldati, Cittadini, e Artieri con arme, Popolani, Pescatori, Soldati.

 

CORO.

    Vittoria! - Siracusa!

    Bel piacer il ritornar

    A suoi tetti fra gli allòr!

    Salutare, ed abbracciar

    I compagni vinciter!

    Di sorprenderci eredè

    Il nemico in buona fè ...

    Ma sorpreso si trovò ...

    Da Leoni si pugnò ...

    Eh! con noi, con tali Eroi

    E la patria salva ognor!

    Viva ai Prodi! Gloria! e onor! ...

    Festeggiar un sì bel dì

    Siracusa ognor vorrà,

    Che di gloria ci coprì ...

    Che la Storia eternerà.

    E Agrigento - che terror! ...

    Che rossor! .. là vi sarà!

    Vedrem poi se avrà l'ardir

    Di tornarci ad assalir! ...

    Eh! ... con noi, con tali Eroi!

    La vittoria è certa ognor.

    Viva ai prodi! Gloria! onor!

    Ed ora di gloria, di gioja fra i canti,

    Sì bella vittoria, superbi, esultanti,

    Andiamo a celebrar al suono dei bicchier'.

    Sì: andiamei a ristorar a un'ora di piacer.

 

Si dividono per varie tende.

 


Scena II.

 

 listen to RealaudioCompiuta è omai-Fu celeste

Viscardo della parte del tempio.

 

VISCARDO.

    Compita è omai la giusta,

    E terribil vendetta.

    Perì quel vil Brunoro.

    Bianca, sei vendicata.

    A Isaura, ch'iva al tempio, in sul mattino,

    Poche note per te, mio ben, fidai.

    Quando più rivederti io potrò mail

    Fu celeste quel contento

    Che al vedersi ci rapì ...

    Ma, qual lampo, oh Dio! spari.

    Quando ancora un tal memento ...

    Per noi quando tornerà!

    Ah: si, amor l'assretterà.

CORO.

    Viva ai prodi! Alla gloria! .. all' onor!

    Viva Bacco ... la gioja e l'amor!

 


 Scena III.

 

 

Dal palazzo s'odono voci lamentevoli: escono poi Donne piangenti, avviandosi verso il tempio.

 


DONNE.

    Oh sciagura! Atto giorno! Inselice!

UOMINI accorrendo.

    E che avvien?

DONNE.

    Non più gioja ... non canti.

UOMINI.

    Ma da che tanto affanno ... que' pianti? ...

DONNE.

    Bianca! ...

 

Nella più viva agitazione.

 

    ohimè! ... Bianca ... adesso ... morì.

VISCARDO.

    Bianca! ... Come! Che dite? ...

DONNE.

    Repente,

    D'una sincope colpo violente

    Di Manfredo nel sen la rapì.

VISCARDO, CORO.

    Fiera sorte! Terrihile dì!

VISCARDO.

    (Bianca mia! La mia Bianca perì!)

CORO.

    Tanto bella ... si pia ... nostr' amore! ...

    Oh dolore! perire così!

VISCARDO.

    O barbaro mio sato,

    Che Bianca m'hai rapita,

    Perchè me disperato

    Or lasci ancora in vita!

    M' unisca al caro bene

    Pietoso il mîo dolor.

    Ma condannato a vivere

    Dalla crudel mia sorte

    Saprò immolarle il perfido

    Che la condusse a morte.

    Sulla sua tomba, esanime

    Cadrà quel traditor.

 


S' allontana.

 

CORO.

    Spietato avverso fato,

    Che Bianca n'involasti,

    Di gioje il dì cangiasti

    In lutto, ed in terror.

 

Il Coro si disperde, le donne e i cittadini entrano nel tempio.

 


 

Scena IV.

 

 

Ricinto Remoto attigno al palazzo di Manfredo, sparso di cipressi e salici, chiuso da alto muro, coperto da edere. Si vedono elevate varie tombe dei Conti di Siracusa Alla sinistra una parte esterna dcl tempio. Un monumento alla destra appoggiato al muro, due piedestalli con urne. Presso al monumento porta, per cui dal palazzo s'entra nel ricinto. La scena è rischiarata da tramonto.

 

Manfredo esce dalla porta del monumento a destra. La chiude con chiave che ripone. Si arresta ed osserva all'intorno.

 



MANFREDO.

    Sacro alla pace degli estinti ... Augusto,

    E terribil soggiorno,

    Dopo tanti e tant' anni a te ritorno.

    E con qual core! Ed a qual sin! Ben degno

    Di voi, grand' avi miei, di voi che inulto

    Mai soffriste l'insulto.

    Sola è del mio rossor, di mia vendetta

    Conscia Eläísa ... Squilla 

Gravi e lenti colpi di campana

 

    Di morte! ... ohimè! L'intendo.

    Là ... da quel tempio sento

    Un mistico concento ...

 

Preludio d'istrumenti dal tempio: indi cantato dalle vergini ivi raccolte, odesi

 

CORO.

    Alla pace degli eletti,

    Che prometti a'tuoi fedeli,

    In tua gloria, là, ne'Cieli,

    Bianca a te, gran Dio! volò.

    A noi l'Angelo fu in vita

    Di pietà, conforto, aita.

    N'ami in Ciel, eui la richiami,

    Come in Terra ognor ei amò.


MANFRODO.

    E pace là s'implora

    Per lei ... che mi tradiva ...

    Che punii, finsi estinta ... e vive ancora.

    Perchè fremo! Qual gelo

    Or mi colpisce! Il Cielo

    Forse ... sì. Se un sospetto! ...

    E se il mio cieco affetto! ...

    E se un delitto! ... il mio

    Colpevol cor! ... l'eternità! ... gran Dio!

 



E colpito: si volge al cielo, giunge le mani e cade in ginocchi.

 

    Alla pace degli eletti

    Aspirar io più non oso.

    Troppo, troppo, o Dio pietoso,

    Il mio core t' oltraggiò.

    Ai pentiti ognor perdoni ...

    Tua pietà non m'abbandoni.

    Io t'imploro col mio pianto ...

    Ah! pietà ... perdono avrò. 

 


 

Scena V.

 

 

Voci al di fuori. Manfredo si scuote, e schiude la porta. Entrano Gentiluomini, Cavalieri.

 

CORO.

    O Manfredo! Manfredo!

MANFRODO.

    I miei fidi!

    Lor s'asconda l'interno terror.

CORO.

    Lascia omai quest' asilo di morte:

    Giusto duol vìnca l'alma tua forte.

    Te reclaman lo Stato, la gloria:

    Lascia i mirti: t'appresta agli allor.

    Vinta appien non è ancora Agrigento.

    Tradimento può sorgere ancor.

    Su i nemici novella vittoria

    Ti consoli del pianto d'amor.



MANFRODO.

    Tremi, cada l'altèra Agrigento,

    Doma alfine dal nostro valor.

    Alla voce di patria, di gloria

    Si raccende, s' esalta il mio cor.

    Per la gloria, sfidando il cimento,

    Bella è morte sul campo d'onor.

    (E al ritorno da bella vittoria

    Mi consoli il sorriso d'amor.)

 

Parte col Coro.

 


Scena VI.

 

ELAÍSA dalla gran porta che rinserra.

    Si compia il giuramento.

    Reggetemi al terribîle cimento,

    Padre mio ... sacra effigie!

    Ecco la tomba

    Che m'accennò Manfredo. Oh sventurata!

    Sventurata? Ella è amata,

    Schiudasi.

 

Con una chiave apre il monumento e si ritira. 

 


 Scena VII.

 

 

Bianca in candida veste, Elaísa in disparte.

 


BIANCA.

    Ah! l'aria ancora!

    Il Ciel! ... Libertà! ... Vita

 

Si prostra.

 

    Dio di pietà.

 

Si rialza.

 

    Come, da chi l'aita!

    Dove, e ... Ah! ...

 

Si trova in faccia d'Elaísa.

 

ELAÍSA con dolcezza.

    Non mi fuggite.

    La vostra mano ...

BIANCA.

    A voi? che qui venite? ...

ELAÍSA.

    A salvarvi.

BIANCA colpita.

    A salvarmi!

ELAÍSA.

    Si: vi rendo

    La mercè che giurai dentro al mio core,

    Allor che mi salvaste il genitore,

    Su quest' effigie. Ch' ella vi protegga ...

    Io vi dicea: v'è Dio ...

    E vi protegge.

BIANCA. incerta timida.

    E credere degg'io? ...

    E Manfredo!

ELAÍSA.

    In me fida. Ei di pugnale

    Estinta vi volea.

    Presso lui, si geloso, vi fè rea

    Quel foglio a voi diretto

    Da ... chi v'ama, c intercetto

    Dal persido Brunoro,

    Che spirò pria dì palesarlo.


BIANCA.

    E moro

    Perchè svelarlo anch'io ferma negai.

ELAÍSA.

    Morte a lui di veleno io consigliai,

    Onde evitar complice vile

BIANCA. turbandosi.

    E voi? ..


ELAÍSA.

    Me qui inviò a suadervi pel veleno ...

 


Cava un' ampolla d'argento.

 

BIANCA.

    E quel dunque! ...

ELAÍSA.

    E un narcotico si forte,

    Che in sonno, pari a quello della morte,

    V' addormenta tant' ore. Lo berete

    Quando riede Manfredo.

BIANCA. agitata.

    E poi? ...

ELAÍSA.

    Di tutto

    Ebbi ... ed avrò pensier. Vi presta il Cielo

    Il suo favore. A vita tornerete ...

BIANCA con gioja, e rapidamente.

    E Viscardo! ...

ELAÍSA non contenendosi.

    Viscardo! ... Ah! ...

BIANCA triste, timida.

    Voi! fremete!

ELAÍSA.

    Oh' qual nome pronunziaste! ...

    In qual loco! in quai momenti!

    Da un obblío mi ridestaste,

    Che assopiva i miei tormenti.

    Il mio cor batteva appena ...

    Era face sul morir ...

    A quel nome in ogni vena

    Toinò il songue a ribollir.



BIANCA.

    Perdonate ... oh! ... perdonate

    All'incauto ardente core.

    Voi la vita mi salvate ...

    E scordava il vostro amor

    Generosa mia rivale,

    Veggo il vostro rio martir ...

    Io vi sono ben fatale! ...

    Non vogliatemi abborrir.


ELAÍSA.

    Sì ... martir cui non v'è eguale ...

    E piu atroce del morir.

BIANCA.

    Io vi sono ben fatale! ...

    Deh! lasciatemi morir


ELAÍSA.

    Voi morire! Voi amata!

    Io sol dcbbo ... e vuo'morir.


BIANCA.

    Voi piangete! o sfortunata!

    Pianto a pianto voglio unir.

BIANCA, ELAÍSA.

    Dolce conforto al misero

    Che geme-senza speme,

    Accorda il Ciel le lagrime

    Nelle sciagnre estreme ...

    Più dolci allor che spargonsi

    In sen dell' amistà.

 

Si stringono al seno.

 

    Oh! piangi ... piangi, abbracciami.

    Io scordo il mio tormento.

    E un raggio di contento ...

    Nel cielo è nna bontà.

BIANCA.

    Viscardo! ...

ELAÍSA. con fermezza.

    Il rivedrete.

    Felice passerete

    Dal seno della morte

    A quello dell' amor.

BIANCA con giojà.

    Si bella ancor mia sorte! ...

    E voi!


ELAÍSA.

    Per me è deciso.

    Non resta più ...

BIANCA.

    Che!

ELAÍSA deliberata.

    Morte.

BIANCA.

    Ah!

 

Odesi un colpo alla gran porta di fuori

 

ELAÍSA.

    Manfredo. Ecco il momento.

 

Va ad aprire.

 

BIANCA.

    Io più non lo pavento.

 


 

Scena VIII.

 

 

Manfrodo, Elaísa, e Bianca.

 

MANFRODO. ad Ela.

    Ebben! che n'otteneste?

ELAÍSA.

    Ella il velen berà.

MANFRODO.

    E il nome del reo complice! ...

    Quel sangue ... quel vorrei.

    Lunge, in un chiostro, incognita

 

A Bianca.

 

    Te viver lascerei.

    Quel nome! ...

BIANCA decisa.

    Mai, mai, barbaro,

    Saperlo tu potrai.

    Io sola ... io sola vittima ...

 

Manfrodo, Bianca, Elaísa.

 

MANFRODO fiero.

    Si. Lo prccedi omai.

MANFRODO.

    A te il veleno ... o persida,

    Ch'io esulti al tuo morir,

    Mi vendichi terribile

    L' estremo tuo sospir.

    Invan sottrar chi adori

    Tu speri a' miei furori.

    Egli cadrà mia vittima,

    Io lo saprò scoprir.

    (La speme di quest' anima.

    Amore, non, tradir.)

BIANCA.

    A me il veleno ... intrepida

    Non temo del morir.

    Me adesso credi misera ...

    Or cesso di soffrir.

    Te lascio nel terrore

    Nel mio vendicatore.

    Ei non sarà tua vittima ...

    Ei te saprà punir.

    (Cela i trasporti ... frènati,

    Cor mio. non ti tradir.)

ELAÍSA a Manfrodo.

    Conforto me alla misera

    Lasciate in suo morir.

 

A Bianca.

 

    La vostra sorte intrepida

    Pensate or a compir.

    Terribile è il dolore

    D'un disperato amore.

    E in suo furor la vittima

    Non tarderà a colpir.

    (Cela i trasporti ... frènati,

    Cor mio, non ti tradir.)

    Conforto me alla misera

    Lasciate in suo morir.

 

Bianca bee dall' ampolla che le porse Elaísa, la gitta, freme, vacilla, e cade in braccio di Elaísa. Manfrodo parte con gioja feroce.

 

 

Fine dell' atto secondo.

 

 

 

 

  Zweiter Akt.

 Atto primo   Atto   secondo    Atto   terzo


Erste Scene. 

 

Freier Platz.

 

Links Manfredo's Palast. Wachen an der Thür und andre Krieger in der Nähe; rechts ein Gotteshaus, Läden und Zelte im Hintergrunde.

 

Kriegerschaaren, Bürger und Handwerker bewaffnet; Volk, Fischer, Soldaten.

 

CHOR.

    Heil Syrakus! - Viktoria!

    O Kriegers Heimkehr, welche Lust!

    Des Ruhmes Lorbeer winkt ihm da,

    Und jeder Freund von fern und nah,

    Sinkt froh dem Sieger an die Brust.

    Keck hat der stolze Feind geglaubt,

    Uns überfallen könn' er hier;

    Solch eitler Wahn ward ihm geraubt,

    Denn löwenmuthig kämpften wir:

    Mit Deinen Tapf'ren im Verband

    Bleibst ewig frei Du, Vaterland;

    Den Helden Preis, und Ehre Dir!

    Tag! dem des Sieges Sonne hold,

    Den Syrakus stets festlich grüßt,

    Dem Lorbeer, dauernd frisch, entsprießt:

    Dir wird Bewund'rung stets gezollt.

    Ha Agrigent! Mit Spott und Schand'

    Zahlst Du die freche Ruhmbegier;

    Herbei, herbei! Dir stehen wir! ...

    Mit Deinen Tapfren im Verband

    Bleibst ewig frei Du, Vaterland!

    Den Helden Heil, und Ehre Dir! -

    Preist Ruhm und Kampf im jubelnden Gesange,

    Jauchzt dem errung'nen Sieg aus voller Brust;

    Hoch feiert ihn bei hellem Becherklange,

    Die flücht'ge Stunde gönnt der Freud' und Luft.

 

Sie eilen in die Zelte.

 


Zweite Scene.

 



VISCARDO von der Seite des Tempels herkommend.

    Ha! furchtbar, doch verdient traf ihn die Rache,

    Brunoro fiel: Du bist gerächt, Bianca. -

    Auf ihrem Kirchgang hab' ich heut Isauren

    Ein Blatt für Dich Geliebte mitgegeben;

    O, wann werd' ich Dich wiedersehn, mein Leben!

    Wer schildert sie, die himmelreine Wonne

    Die unser Herz beim Wiederseh'n empfand; ...

    Die, gleich dem Strahl des Blitzes, schnell entschwand, ...

    Wann glänzt uns wieder solcher Freuden Sonne!

    Kehrst Du zurück einst, sel'ger Augenblick?

    Ja! lächeln wird uns neu der Liebe Glück.

CHOR.

    Den Tapfren Heil! Laßt Ruhm und Ehre leben!

    Sang, Liebe, Frohsinn und den Gott der Reben,

 


Dritte Scene.

 

 

Aus dem Palaste tönen klagende Stimmen; Frauen kommen von dort her und wenden sich traurig dem Gotteshause zu.

 

FRAUEN.

    O Tag des Jammers! Die Beweinenswerthe!

MÄNNER herbeieilend.

    Was ist gescheh'n?

FRAUEN.

    Dahin ist jede Freude.

MÄNNER.

    Was künden Eure Thränen, Eure Klagen?

FRAUEN.

    Bianca .... weh! .. Bianca ist nicht mehr.





VISCARDO in höchster Aufregung.

    Bianca .... wie? .. was sagt Ihr?

FRAUEN.

    Unerwartet,

    Ach! furchtbar schnell hat sie der Tod ereilt:

    Als Leiche sank sie in Manfredo's Arme.

VISCARDO, CHOR.

    O Tag des Unheils! Zürnendes Geschick!

VISCARDO.

    (Du todt Bianca, meines Daseins Glück!)

CHOR.

    So schön ... geliebt ... fromm .. voller Engelgüte,

    Und sterben muß sie in des Lebens Blüthe!

VISCARDO.

    Verhängniß, das mir grausam Freud' und Frieden

    Zugleich mit Ihr, der Heißgeliebten, nahm:

    Warum mich fesseln an die Welt hienieden,

    An ein verödet Dasein voller Gram!

    O Schmerz, so schenke Du mir denn Erbarmen:

    Vereine mit Bianca bald mich Armen.

    Doch bin ich ausersehen vom Geschicke

    Mein schweres Loos zu tragen in Geduld:

    Dann sterbe der Verräther voller Tücke,

    Der sie getödtet, die so rein von Schuld;

    An ihrer Gruft will ich sein Blut vergießen,

    Dort soll der Frevler sein Vergehen büßen.

 

Er entfernt sich.

 

CHOR.

    O Schicksal! das erbarmungslos

    Bianca senkt in Grabesschooß!

    Daß dieses Tages Fröhlichkeit

    Verwandelt in das tiefste Leid!

 

Der Chor verliert sich, die Frauen und Bürger gehen in den Tempel.

 


 

Vierte Scene.

 

 

Ein entlegner Ort nahe dem Palaste Manfredo's, von Cypressen und Trauerweiden und einer hohen Mauer umschlossen, welche mit Ephen bewachsen ist. Man erblickt mehrere Grabmäler der Grafen von Syrakus. Links ein Theil der Außenseite des Tempels; rechts ein Monument mit Stufen, das an die Mauer sich lehnt. Zwei Piedestals mit Urnen. Ohnweit jenes Denkmals eine Thüre, durch welche man aus dem Palaste in die Grabstätte gelangt. Es ist Abend und die Sonne im Untergehen.

 

Manfredo kommt aus der Thür des Monuments rechts; er verschließt sie und steckt den Schlüssel ein; dann blickt er umher.

 

MANFREDO.

    Dem Frieden der Entschlafenen geweiht! ...

    Du furchtbar und erhabenes Asyl,

    Nach langen Jahren seh' ich heut' Dich wieder:

    Mit welchem Herzen! und was führt mich her!

    Ha! würdig bin ich Eurer, meine Ahnen,

    Nie habt Ihr Kränkung ungerächt erduldet. -

    Nur Elaisa weiß um meine Schmach,

    Um meine Rache ....

Man vernimmt die dumpfen Töne einer Glocke.

 

    Horch! .. die Todtenglocke

    Von dort herüber, aus des Tempels Hallen

    Hör' ich die düst'ren Grabesklänge schallen.

 

Trauermusik in der Kapelle, hierauf beginnt der Gesang der dort vereinten Frauen.

 

CHOR.

    O Gott! zu Deines Himmels Frieden,

    Den uns Dein heilig Wort verheißt,

    Den allen Frommen Du beschieden,

    Schwang sich empor Biancas Geist.

 

    Die zu den Engeln Du erhoben,

    Hat Engeltugend auch geübt;

    Mag sie uns lieben nun dort droben,

    Wie sie auf Erden uns geliebt.

MANFREDO.

    Um Himmelsfrieden fleht man dort für Sie ...

    Die mich verrathen ... die ich streng bestraft,

    Die ich entseelt geglaubt ... sie athmet noch?

    Ich bebe! .. Welch ein Schauer weht mich an?

    Wär' es das Strafgericht des Unerforschten?!.

    Ja! ... und wenn Argwohn! Wahn der Leidenschaft

    Mich arg verblendet! ... wenn ich ein Verbrechen! ...

    O Du mein Herz, gequält von Schuld und Leid,

    Dich mahnt Dein Schöpfer: Denk der Ewigkeit.

 

Er blickt bewegt zum Himmel empor. faltet die Hände und knieet nieder.

 

    O Gott! auf Deines Reiches Frieden

    Hofft bang mein fündig Herz nicht mehr;

    Zu viel gefehlt hab' ich hienieden,

    Zu oft erzürnt Dich, und zu schwer.

 

    Gott! Gnade schenkst Du jeder Reue,

    Entzieh auch mir nicht Deine Huld:

    Im Staube fleh' ich: Herr verzeihe!

    Vergieb' Allgüt'ger meine Schuld. 


 

Fünfte Scene.

 

 

Stimmen von Außen. Manfredo sich fassend, öffnet die Thür. Ritter und Edelleute treten ein.

 

CHOR.

    Manfredo, komm!

MANFREDO.

    Es nah'n die tapf'ren Meinen,

    Vor ihnen darf ich muthlos nicht erscheinen.

CHOR.

    Entreiß Dich der Entschlafnen Friedensräumen,

    Gerechten Schmerz besieg' als starker Held;

    Gieb preis die Myrthe, Lorbeer wird Dir keimen,

    Dich ruft das Vaterland: hinaus in's Feld!«

    Noch kann Verrath des Krieges Flammen nähren,

    Noch ist nicht Agrigento ganz besiegt;

    Vergessen lernst Du Deines Schmerzes Zähren,

    Wenn Deinem Schwert der stolze Feind erliegt.

MANFREDO.

    Ha! sinken sollen Agrigento's Fahnen,

    Es sei besiegt durch uns'rer Helden Muth!

    Wenn Vaterland und Ehre laut mich mahnen;

    Entflammt in mir hoch der Begeist'rung Gluth.

    O schöner Tod Du, auf dem Feld der Ehre,

    Wer trotzt für Deinen Ruhm nicht der Gefahr!

    (Und, wenn ich heim nach stolzen Siegen kehre,

    Reicht mir den schönsten Kranz die Liebe dar.)

 

Er geht mit dem Chor ab.

 


 Sechste Scene.

 

ELAISA tritt aus der großen Thür, die sie hinter sich verschließt.

    Ja! mein Gelübde will ich treu erfüllen.

    Du, theurer Vater, und Du heilig Bild:

    O steht mir bei im Kampf der Leidenschaft. -

    (Manfredo hat mir diese Gruft bezeichnet;

    Beklagenswerthe! . Sie beklagenswerth?

    Sie? wird sie nicht von Ihm geliebt? ... Ich öffne.

 

Sie schließt die Gruft auf und zieht sich zurück. 

 


Siebente Scene.

 

 

Bianca in weißem Gewande. Elaisa in der Entfernung.

 

BIANCA.

    Ha! wieder Licht! ... und Himmel! ... Freiheit! ... Leben! ...

 

Niederkniend.

 

    Gott des Erbarmens, Dank! ...

 

Sie erhebt sich.

 

    Doch ... wer bringt Hülfe?

    Wo ist ....

 

Elisa erblickend.

 

    Ah! ...

ELAISA sanft.

    Flieht mich nicht ... reicht mir die Hand ...

BIANCA.

    Euch? die Ihr hergekommen ....

ELAISA.

    Euch zu retten

BIANCA betroffen.

    Zu retten ... mich?

ELAISA.

    Ja! heut lös' ich den Eid,

    Den ich auf jenes Bild einst fromm geschworen,

    Als Ihr des Vaters Leben mir gerettet:

    »Mag in Gefahr dies Bild Dir Schutz verleih'n.«

    So sagt' ich Euch: Gott hat den Schwur gehört,

    Er schützt Euch durch dies Bild.

BIANCA. zweifelhaft und scheu.

    Und darf ich glauben

    Manfredo ... sprecht ..

ELAISA.

    Er hat zu mir Vertranen.

    Durch einen Dolchstoß wollt' er Euch ermorden;

    Denn strafbar wähnt Euch seine Eifersucht

    Durch jenes Blatt, das Er an Euch gerichtet,

    Der ... der Euch glühend liebt ... doch von Brunoro

    Ward jenes Schreiben treulos unterschlagen,

    Er starb, eh' dessen Sender er genannt.

BIANCA.

    Und ich auch sterbe, weil ich fest verweigert

    Ihn je zu nennen.

ELAISA.

    Euch durch Gift zu tödten.

    Rieth ich Manfredo, um so Mitbewußte

    Bei seiner schweren Rache That zu meiden.

BIANCA. unruhig.

    Und Ihr? ....

ELAISA.

    Mich sendet er jetzt her zu Euch,

    Daß ich, das Gift zu trinken, Euch bewege.

 

Sie zieht eine Phiole hervor.

 

BIANCA.

    Und jenes also ist ...

ELAISA.

    Ein Schlaftrunk nur

    Doch stark genug, um Euch auf lange Stunden

    In Todesschlaf zu senken: diesen trinkt Ihr,

    Sobald Manfredo eintritt.

BIANCA. angstvoll.

    Nun? ... und dann? ...

ELAISA.

    Bedacht ist Alles, nichts werd' ich vergessen,

    Der Himmel nehme gnädig Euch in Obhut,

    Dann kehrt Ihr unversehrt zurück ins Leben.

BIANCA. schnell und freudig.

    Und Er? Viscardo? ....

ELAISA. leidenschaftlich.

    Ha!

BIANCA. traurig und schüchtern.

    Ich seh' Euch beben.

ELAISA.

    Viscardo! ... welch' verhängnißvoller Name

    Der Euren Lippen hier und jetzt entbebt,

    Der wieder preis mich giebt dem tiefsten Grame,

    Dem Weh, das zu vergessen ich gestrebt.

    Kaum fühlt' ich noch des Herzens mattes Schlagen,

    Vollendet wähnt ich meines Daseins Lauf ....

    Doch dieser Name! ... Ha! kann ich es tragen? ...

    Reißt alle Wunden meiner Seele auf.

BIANCA.

    Ach, wollet meinem Herzen still vergeben,

    Daß liebentglüht es unbewußt gefehlt;

    Nur Eurer Milde dank ich heut mein Leben,

    Und doch vergaß ich, welches Weh Euch quält.

    Ich seh' den Kampf in Eurem wunden Herzen,

    Die Großmuth, die den Sieg in ihm erringt;

    O, haßt mich nicht! die Unheil nur und Schmerzen

    Auf Euer Haupt für solch ein Opfer bringt.

ELAISA.

    Ja wahrlich! leichter dünkt es mich zu sterben

    Als zu erdulden meines Inn'ren Pein.

BIANCA.

    Weh! Ich nur bring' Euch Unheil und Verderben,

    So laßt mich denn des Todes Beute sein.

ELAISA.

    Ihr sterben! Ihr? vertraut dem schönsten Glücke,

    Geliebt! .. nein! .. sterben darf nur ich allein.

BIANCA.

    Ach, Arme! - Thränen netzen Eure Blicke

    Laßt uns'rem Loos vereint uns Zähren weih'n.

BEIDE.

    Dem Herzen voll vergebnem Sehnen,

    Dem jeder Hoffnung Traum entschwand;

    Hat mild die Gottheit Thau der Thränen,

    Als Trost in heißem Schmerz, gesandt.

    O, doppelt süß, sie zu vergießen,

    Wenn sie am Freundesherzen fließen.

 

Sie umarmen sich.

 

    Ja, weine! laß Dich fest umarmen,

    Vergessen hab' ich meiner Qual,

    Am Thron des Ew'gen wohnt Erbarmen:

    Noch glänzt auch uns ein Freudenstrahl.

BIANCA.

    Viscardo!

ELAISA. mit Entschlossenheit.

    Muth! Du wirst ihn wiederseh'n

    Und, fliehend aus des Todes kalten Armen,

    Wirst Du an des Geliebten Brust erwarmen.


BIANCA. freudig.

    Wie? meiner harrt' ein Loos, so himmlisch schön?

    Und Du?

ELAISA.

    Ich folge ernstem Pflichtgebot:

    Mir bleibt nur Eines übrig noch.

BIANCA.

    Was?

ELAISA. entschlossen.

    Tod!

BIANCA.

    Weh!

 

Man hört einen Schlag an der Thür.

 

ELAISA.

    Horch! Manfredo! Welch ein Augenblick!

 

Sie öffnet.

 

BIANCA.

    Ich bebe nicht mehr scheu vor ihm zurück.

 


 

Achte Scene.

 

 

Manfredo. Elaisa. Bianca.

 

MANFREDO. Zu Elaisa.

    Nun? hat sie über ihr Geschick entschieden?

ELAISA.

    Sie trinkt das Gift.

MANFREDE.

    Und des Verräthers Name,

    Nach dessen Herzblut meine Seele dürstet? ....

 


Zu Bianca.

 

    In einem fernen Kloster sollst Du leben,

    Wenn Du den Ramen nennst ...

BIANCA. mit Entschiedenheit.

    Nein! niemals, nein!

    Ich will Dein schuldlos Racheopfer sein, ...

    Doch ich allein, erbarmungsloser Mann!
MANFREDO. zornig.

    Wohl! gehe dem Verräther denn voran!

 

Terzett.

 

MANFREDO.

    Trink denn das Gift, Du ungetreue!

    Daß, fröhnend heißer Rachelust,

    Ich Deiner Folterquaal mich freue,

    Des letzten Hauches Deiner Brust.

    Er, den Du liebst ... o, laß Dein Hoffen

    Er werde meinem Haß entfliehn;

    Von meinem Schwert fällt er getroffen,

    Früh oder spät entdeck' ich ihn.

    (Ja! ihn ereilt mein Strafgericht,

    O Herzensstimme täusch' mich nicht.)

BIANCA.

    Reich mir das Gift ... nicht werd' ich zagen

    Vor dem Geschick, das mich bedroht;

    Wähnst Du, jetzt sei ich zu beklagen? ...

    Mein Leiden endet mit dem Tod.

    Doch zitt're Du: mir lebt auf Erden

    Ein Rächer: flieh' sein Angesicht;

    Er wird Dein Opfer nimmer werden,

    Doch seinem Schwert entrinnst Du nicht.

    O du mein Herz, das hörbar schlägt,

    Verrathe nicht, was dich bewegt.

ELAISA. zu Manfred.

    Laßt mich im letzten Augenblicke

    Der Todgeweihten Beistand leih'n;

 

Zu Bianca.

 

    Gehorcht in Demuth dem Geschicke,

    Tragt standhaft Eure Todespein.

    Ha wahrlich! furchtbar ohne Gleichen

    Ist der verrath'nen Liebe Schmerz;

    Er weiß das Opfer zu erreichen;

    Verzweiflung bricht das arme Herz:

    (Birg das Gefühl, das Dich bewegt

    O Herz, das ohne Hoffnung schlägt.)

    Laßt mich der Trost der Armen sein,

    Und ihr im Tode Beistand leihn.

 

Bianca trinkt aus der Phiole, welche Elaisa ihr darreicht, wirft sie weg, schaudert, schwankt und sinkt in Elaisa's Arms. Manfredo geht in wilder Freude ah.

 

 Ende des zweiten Aktes.